Consiglio di Stato: non basta un errore formale per escludere un impianto dagli incentivi

Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, rovesciando una decisione del Tar Lazio, ha accolto il ricorso di un’azienda per un impianto idroelettrico al quale il GSE aveva rifiutato l’iscrizione per una data sbagliata: il carattere solo formale dell’errore lo renderebbe privo di concreta incidenza.

Un semplice errore formale nelle pratiche necessarie è sufficiente a precludere l’accesso agli incentivi di un impianto a fonti rinnovabili? Forse no: se finora l’orientamento del Tar è stato quello di legittimare l’atteggiamento rigoroso del Gestore Servizi Energetici (GSE), una recente ordinanza del Consiglio di Stato rovescia la situazione. I giudici di appello hanno infatti accolto l’istanza cautelare di un’azienda contro l’esclusione di un impianto idro dalla graduatoria per il registro decisa dal GSE a seguito di un errore formale: la comunicazione che indicava la data del disciplinare anziché quella (di pochi giorni posteriore) della concessione di derivazione.

Il Tar Lazio aveva confermato l’esclusione della graduatoria sulla base del fatto che comunque “la data di rilascio della concessione costituisce criterio di priorità” (ordinanza sez. III ter 2262/15); ora però il Consiglio di Stato ha restituito il fascicolo ai Giudici di primo grado invitandoli “a un approfondimento nel merito in tempi brevi” poiché “la vicenda presenta … carattere solo formale dell’errore privo – in tesi – di concreta incidenza” (sez.IV n. 4010/15).

Secondo i difensori legali dell’azienda, gli studi Gpa e Cba, “la pronuncia – per quanto resa al momento solo in sede cautelare – segnala un approccio della giustizia amministrativa di secondo grado volto a restituire ai controlli quella natura sostanziale che il legislatore aveva previsto (il DM 31 gennaio 2014 parla di violazioni rilevanti o da cui consegua l’indebito accesso agli incentivi) e che il formalismo del GSE sta sempre più perdendo di vista, contribuendo a un’auspicabile correzione di rotta anche del massimalismo fino ad oggi prevalente nella giustizia amministrativa di primo grado”.

“I controlli – denunciano in una nota  – hanno subito una progressiva e strisciante trasformazione da sostanziali in squisitamente formali: al GSE non interessa verificare né la rilevanza dell’errore, né se esso abbia o non abbia in concreto influito sulla formazione della graduatoria, basta che un errore ci sia stato, per determinare automaticamente l’esclusione dell’impianto. Questa deriva formalistica e burocratica – continua il comunicato – gode purtroppo del sostanziale avallo del Tar del Lazio la cui sezione III ter, competente per materia, sistematicamente respinge – con rare eccezioni – i ricorsi degli operatori: secondo i Giudici di primo grado basta a sorreggere l’esclusione la mera astratta attitudine dell’errore ad alterare la graduatoria”.

I due studi legali ricordano (stando ai dati del Lookout n. 10 di giugno-luglio 2015 a cura di eLeMeNS), come su un totale di 994 MW assegnati mediante registri circa 225 MW (pari cioè al 23%) siano stati oggetto di revoca da parte del GSE o di rinunce. Ora, con la sentenza del CdS, commentano, c’è stata “una parziale vittoria” che si spera possa portare a controlli che guardino di più alla sostanza che alla forma.

 

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